Ai cittadini e alle cittadine di Bologna
Al Bologna Social Forum, alle associazioni, ai
gruppi informali, ai centri sociali, ai sindacati e ai partiti politici
Ai gestori e frequentatori dei bar, delle botteghe, dei negozi, dei
mercati, delle piazze
Ai manichini, ai pupazzi, alle statue
Agli scrittori, agli intellettuali, agli studenti, ai calciatori,
ai cantanti
A tutti gli esseri animati e inanimati che abitano, a qualunque titolo,
la città dei portici
Parliamo a nome del Generale Giuseppe Garibaldi, dei Partigiani di
Porta Lame, di Luigi Galvani, del dio Nettuno, di San Francesco e
di San Petronio, e di molti altri personaggi scolpiti nella storia
di questo paese e nelle strade di questa città, che questa
notte sfoggiano un drappo bianco. Parliamo perché c'è
il fondato pericolo che si dia inizio ad una nuova guerra. Che è
poi, forse, null'altro che la continuazione di quella precedente,
preambolo alle guerre future. Una guerra infinita e permanente, appunto.
Parliamo perché sappiamo che ogni guerra è, prima di
tutto, guerra contro i civili. Sempre. Parliamo perché sappiamo
che nessuna guerra risolve i problemi del mondo e che ogni guerra,
al contrario, limoltiplica, li acuisce e ne genera di nuovi e più
nefasti. Sappiamo anche - perché lo abbiamo visto ed è
apparso perfino sulla prima pagina del Resto del Carlino - che, durante
le giornate del Social Forum Europeo, i cittadini di Firenze hanno
esposto ai balconi delle loro case un drappo bianco, in segno di protesta.
In segno di pace. E sappiamo quanto forte sia stato quel simbolo.
Parliamo per coloro che non possono sfilare in corteo ogni giorno
per dire no alla guerra che si sta preparando.
Ognuno possiede un lenzuolo bianco. Vi chiediamo di mostrarlo, di
esporlo, di appenderlo al balcone e alla finestra.
Vi chiediamo di esporre, anche voi, un segno chiaro, nett o, visibile
di rifiuto della guerra. E' uno sforzo da poco che vuol dire molto.
Va fatto. Assolutamente. Non fermerà i bombardieri, ma certamente
dimostrerà che in tanti non siamo d'accordo.
Ci piacerebbe che questo segnale si moltiplicasse per ogni città
d'Europa.
Facciamolo per i civili, i bambini, le donne, gli anziani, sotto qualunque
dittatore vivano. Facciamolo per i caduti di ogni tempo. E facciamolo
per tutti noi.
I
Caduti di Piazza 8 Agosto Bologna, 9 dicembre 2002
N.2
Ai cittadini ed alle cittadine della città di Bologna
Questa notte le statue hanno deciso di venire meno al loro silenzio,
di pronunciarsi, con un atto simbolico, contro la guerra che alcuni
uomini hanno intenzione di dichiarare ad altri uomi ni e contro la
guerra scellerata che l'uomo combatte, in ogni ist ante, contro il
mondo e le creature di Dio. Questa notte abbiamo deciso di indossare
un drappo bianco. Un piccolo lembo di stoffa, emblema di un grande
desiderio di pace. Un gesto che speriamo sia raccolto, esteso e moltiplicato.
Una testimonianza di concordia contro l a guerra devastatrice e contro
l'odio che genera altro odio.
Oggi, tocca a noi statue esibire un piccolo drappo, domani toccherà
a voi uomini esporre candidi teli come prova delle offese quotidiane
rivolte al creato. Un segnale che renda visibili i velenosi e subdoli
vapori condensati nell'aria da cui traevamo sostentamento. Una prova
della sistematica violenza e della feroce brutalità con cui
sono calpestate le risorse ed i beni della terra. Un pensiero rivolto
al mondo sulla via della rovina.
Un pensiero rivolto a nostro fratello sole, che ci riscaldava e che
oggi è invisibile dietro ad una mefitica foschia. A nostra
sorella luna ed alle stelle, chiare, belle e preziose, spente dalle
luci che dal suolo si diffondono nel cielo. A nostra sorella acqua,
che era utile, umile e casta, mentre oggi è venduta, scambiata
e prostituita dai mercanti. A nostro fratello fuoco, che illuminava
la notte ed era bello, robusto e forte, ed oggi divora la vita e le
foreste e le dimore, seminando desolazione e morte. A nostra madre
terra che ci sostentava e governava e produceva frutti diversi e fiori
colorati ed erba, ma da cui, oggi, i figli suoi devono guardarsi.
In questo tempo, noi, esseri silenti ed inanimati, abbiamo l'obbligo
di riprendere a parlare e a fare, nella speranza che questo nostro
invito sia reso cosa viva e umana.