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Oggi, mentre il
Movimento si oppone radicalmente alle strategie di dominio globale degli
U.S.A. portando nelle città di tutto il mondo 110 milioni di
NO alla guerra in Iraq, i governi, interventisti o meno, populisti e
liberaldemocratici continuano le loro politiche neoliberiste.Ed in una
crisi generale che si fa sempre più profonda le pratiche repressive
hanno comunque il loro iter consolidato. In questo quadro gli apparati
giudiziari, seppur con diverse sfumature, processano e tentano di criminalizzare
le lotte sociali sviluppatesi in ambito locale. Infatti, a Bologna,
il 24/02/03 sarà "giudicata in tribunale" l'esperienza
politica e sociale dell'autogestione del 36 OCCUPATO.
SOLIDARIZZIAMO
E REAGIAMO!!!!!!
IL PASSATO CHE NON PASSA Il 36, biblioteca
occupata nel post-Pantera, è stata una sperimentazione studentesca
nata dal bisogno di comunicare e comunicarsi dentro l'Università,
un altro modo di vivere la città e soprattutto di rompere l'angusta
dimensione dello studente, introdotto a forza nei meccanismi vincolanti
del moderno mercato. Quest'ultimo nei primi '90 cambiava veste rappresentandosi
come potere ricostituito: approfittando della presunta fine dell'ideologia
si proclamava come unico portatore d'innovazioni.
Tutto
ciò in nome del progresso, liberista, spinto "naturalmente"
dall'avanzamento tecnologico.
Lo sgombero del 36 è la risultante di un processo di ristrutturazione di tutta l'Università italiana ed in particolare di quella bolognese, che non poteva più tollerare uno spazio politico-sociale divenuto punto di riferimento per individui e collettivi antagonisti . Bologna , modello di punta nella privatizzazione del sapere e degli spazi sociali, ha cancellato di fatto l'Università di massa (conquista delle lotte dei '60 e '70)! Il 36 OCCUPATO, era e rimane, una pratica di lotta antagonista alle cosiddette riforme (parola che in questi anni ha assunto una veste di sacralità tale da giustificare la sua inviolabilità politica). Questo perché la circolarità delle conoscenze e delle capacità individuali vivificava una reale condivisione dello spazio collettivo e soprattutto del tempo liberato dalla meccanica ri/produzione universitaria, quella dello studio libresco o peggio interessatamente acritico (ieri in previsione di un buon inserimento sociale, oggi pericoloso miraggio). L'autogestione attuava di fatto il progetto di rendere comuni analisi e prassi politiche maturate attraverso forme assembleari di ampio dibattito, cosicché le problematiche studentesche venivano dialettizzate, ove possibile, con quelle dei soggetti conflittuali in città. Da ciò la forza aggregativa del 36 OCCUPATO che da sala studio autogestita diveniva soggettività politica e laboratorio sociale. Oggi, a distanza di 6 anni dall'infame sgombero, si processano tali pratiche: 7 compagni verranno giudicati. Il pretesto iniziale: la violenza, collaudata manovra che subito attecchisce. Per cui difendere l'autogestione, compiuta necessariamente da vari studenti e studentesse, è un atto criminoso in sé? Sicuramente sì per i custodi dell'ordine costituito, infatti 7 compagni sono colpevoli a priori, colpevoli, dipendentemente o indipendentemente dalla sentenza, di lottare per una società liberata dalla Globalizzazione liberista. In più con l'aggravante della complicità di tantissimi altri studenti e non. D'altro canto l'establishment con le sue componenti punisce il dissenso, allargando il suo inquisitorio orizzonte, ripescando "dai bei vecchi tempi" i reati di associazione e di opinione. Che, forse, si voglia rinnovare il motto: "mutismo e rassegnazione"?! Così montagne di denunce e relativi processi, e (ahinoi!) arresti sono le tristi costanti di un apparato repressivo che svela il suo funzionamento: lotte/repressione. La moltiplicazione delle lotte e l'estensione della partecipazione era e rimane la risposta politica per disinnescare tale meccanismo e rilanciare il Movimento. Il come, con le sue modalità, sta tutto nelle intelligenze collettive messe in atto. Bologna Social Forum; Spazio sociale studentesco
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