Bologna 27
settembre 2002
Ai partiti, alle Associazioni
"Contro la guerra"
Anche Bologna parteciperà
all'iniziativa "100 città contro la guerra" lanciata
nell'ambito del Social Forum Europeo per il prossimo 5 Ottobre.
Si moltiplicano le prese di posizione contro la guerra, tra i cittadini,
come mostrano sondaggi e le stesse elezioni tedesche è certamente
maggioritaria l'avversione all'avventura della guerra ed alle nuove
teorie della "guerra preventiva", cresce di conseguenza la
necessità di raccogliere e dare maggiore forza a tutto questo.
Per questo, come "Tavolo contro la guerra", nato nell'ambito
del BSF sulla base dell'appello promosso dal Social Forum Europeo, aperto
al contributo di tutte le forze e che già raccoglie movimenti
ed associazioni attive contro la guerra, abbiamo steso l'apppello che
vi alleghiamo ed al quale chiediamo a tutti di aderire, assumendo la
manifestazione del 5 Ottobre come prima occasione di
un percorso da costruire.
Anche in vista di questa scadenza, ma anche in una prospettiva che deve
andare oltre ad essa, abbiamo sentito l'urgenza di costruire a Bologna
una prima iniziativa in grado di raccogliere e mettere a confronto tutte
"Le voci" contro la guerra, con il carattere del reciproco
ascolto e di un confronto aperto, per la costruzione di percorsi il
più possibile unitari.
Per questo vi chiediamo di partecipare e di portare il vostro contributo
all'Assemblea aperta che si terrà Martedì 1 Ottobre
alle ore 21 presso la Sala Sirenella.
Preghiamo gentilmente di
inoltrare questo appello a chiunque sia interessato.
Cordiali saluti.
Tavolo contro la guerra della città di Bologna
SENZA
SE SENZA MA
FERMIAMO INSIEME LA GUERRA ALL'IRAQ
L'amministrazione Bush sembra
procedere speditamente verso l'attacco all'Iraq, con o senza un mandato
dell'O.N.U. a legittimarne l'iniziativa. Questo, nonostante il successo
diplomatico delle nazioni Unite che hanno ottenuto l'autorizzazione
all'invio di ispettori senza alcuna condizione o limitazione per verificare
il disarmo iracheno e nonostante i dubbi, le perplessità, l'aperta
contrarietà di molti dei più importanti alleati e governi
e di larga parte dell'opinione pubblica. Un lungo documento della Casa
Bianca riguardo alla sicurezza nazionale degli Stati Uniti espone i
principi cui queste azioni si ispirano: fra essi, la guerra "in
via preventiva" contro nemici e minacce ritenute tali non in forza
dei loro atti ma della presunzione di ciò che, ad unilaterale
giudizio del governo americano, potrebbero in un futuro imprecisato
rappresentare.
Si tratta di atti e principi che dobbiamo giudicare di una gravità
estrema secondo il diritto internazionale, la carta dell'O.N.U., la
giurisprudenza dei diritti umani che essa ha generato, secondo la Costituzione
della Repubblica italiana che all'articolo 11 testualmente afferma "L'Italia
ripudia la guerra come strumento di offesa e di soluzione delle controversie
internazionali". Analogamente alle Costituzioni di molti dei principali
paesi europei, memori della tragedia del II conflitto mondiale. La guerra,
e ancor più la guerra "preventiva", è categoricamente
vietata dalla Carta delle Nazioni Unite e contemplata soltanto come
legittima difesa contro un'aggressione militare in atto. Per questo
occorre opporvisi senza "se" e senza" ma": qualunque
sia la posizione formale che l'O.N.U. dovesse adottare a bombardieri
ormai in volo, rimarrebbe comunque un'aggressione.
Non possiamo chiudere gli occhi di fronte alla realtà. Questa
guerra, se ci sarà, in quanto "preventiva" farà
brandelli della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale,
anche qualora le sconfinate pressioni in atto possano indurre a giustificarla
nominalmente con un qualche cavillo. Non si possono scegliere le risoluzioni
da attuare e quelle da ignorare, a corrente alternata; non si possono
attaccare gli uni per il sospetto di qualcosa che è certezza
per altri, appena al di là dei confini. Armi nucleari di cui
"si ritiene" che l'Iraq "intenda dotarsi" sono presenti
negli arsenali di Pakistan, India, Israele; meno atomiche di quelle
futuribili di Saddam Hussein? Decine di risoluzioni O.N.U. inosservate
riguardano conflitti tuttora aperti e, nell'area, la soluzione del conflitto
israelo-palestinese con la fine dell'occupazione e la nascita dello
Stato palestinese accanto a quello israeliano: meno risoluzioni di quelle
non ancora scritte sull'Iraq?
Sarà una catastrofe, questa guerra, per il popolo dell'Iraq e
per tutti i popoli del Medio Oriente, allargherà ancora il fossato
che divide le sponde del mediterraneo e i popoli nei singoli paesi.
Sarà un precedente terribile, una non-soluzione che allontanerà
ancora e renderà più ardua ogni soluzione reale ai problemi
sempre più drammatici che l'umanità ha di fronte, dal
riscaldamento globale alla crisi economica alla spaventosa diseguaglianza
di reddito, risorse, speranze che separano i nord dai sud del mondo,
alla necessità di costruire un diritto dei popoli e istituzioni
sovranazionali finalmente democratiche che siano strumento comune di
azione. Questioni che un intervento armato, men che meno unilaterale
e autogiustificato, non può far altro che peggiorare.
I frutti di questo approccio militare alla soluzione dei problemi sono
già di fronte a noi, basta guardarli. Spinte dalla fame e dalla
speranza, migliaia e migliaia di persone cercano un futuro nei nostri
paesi. Leggi sempre più repressive e ottuse rendono impossibile
entrare in Italia se non affidandosi alle mafie dei trafficanti di uomini,
e le nostre spiagge contano i cadaveri degli affogati, a decine. Leggi
ottuse e meschine ricacciano nella clandestinità che alza la
testa o semplicemente perde il lavoro, e vediamo donne e uomini come
noi dormire nei cartoni, nelle baraccopoli, sospinti di luogo in luogo
da operazioni di polizia che ritrovano la stessa miseria che avevano
lasciato. Scene del nostro presente...
Avvinghiati in un abbraccio mortale, la potenza di una macchina militare
ultratecnologica da una parte, l'inesauribile forza della disperazione
dall'altra, israeliani e palestinesi contano i propri morti in una sequenza
di atrocità apparentemente senza fine. Immagini del nostro futuro?
Non c'è campagna mediatica che possa rendere giustificabile quanto
ci si propone, non possiamo tacere di fronte alle conseguenze di un
simile modo di agire e pensare.
Non accettiamo questa guerra e non crediamo che sia inevitabile. C'è
una opposizione massiccia in molti paesi d'Europa e negli stessi Stati
Uniti, e in molti paesi sta cominciando la mobilitazione per la pace.
Abbiamo una possibilità concreta: la grande maggioranza dei cittadini
italiani ed europei si oppongono a questa guerra, e con loro diversi
governi; le elezioni tedesche sono state decise dalla scelta fra guerra
e pace, e ha vinto chi si è pronunciato per la pace.
Facciamo appello a tutti i capi di Stato europei perché si dichiarino
pubblicamente contro questa guerra in ogni caso, come alcuni di loro
hanno già fatto, a prescindere dalle dichiarazioni delle nazioni
Unite, e perché chiedano a Bush di abbandonare i suoi piani di
guerra.
Facciamo appello alle cittadine, ai cittadini e alle loro rappresentanze
e associazioni di fare tutto il possibile per costruire il massimo di
resistenza alla guerra, e anzitutto li invitiamo, nella nostra città,
a dare vita al più ampio dibattito e confronto pubblico su questi
temi.
Vorremmo iniziare un percorso che trasformi il tempo che ci resta prima
del volo dei bombardieri da attesa angosciosa in meditata presa di posizione,
in forza della ragione da opporre alle ragioni della forza. Perché
quel volo si fermi.
Proponiamo: